Esportare e Vendere Articoli Sportivi per la Subacquea e la Pesca Sportiva negli Stati Uniti

Due anni fa la SEAC Italia decide di aprire al mercato degli Stati Uniti d’America i suoi prodotti sportivi affidando al Marco Maestri la conduzione della consociata americana e la gestione dell’operazione

Dott Maestri, come opera Seac in America?

Ci appoggiamo ad un partner locale per la gestione della logistica (ExportUSA ndr). Manteniamo un determinato stock di prodotto finito che ci viene spedito dalla casa madre Italiana. Abbiamo costituito quindi una una rete commerciale di vendita composta da agenti di vendita. La maggiorparte sono chiaramente assegnati agli Stati Uniti, ma abbiamo delle persone che coprono anche Canada e centro America.
 
Distributori monomandatari? Come avete gestito la ricerca degli stessi?

No alcuni lavorano anche con aziende diverse da Seac. Mi sono personalmente attivato per la ricerca delle persone giuste mediante numerose trasferte al di fuori della citta di New York (dove ha sede Seac America ndr). Non e’ sempre facile trovare gli agenti giusti, e mi sono trovato a doverne cambiare qualcuno prima di arrivare agli attuali. E’ fondamentale che gli agenti capiscano e credano fortemente loro stessi nel prodotto. L’essere multimandatari non costituisce un problema se questi dedicano comunque il tempo giusto ai nostri prodotti senza trascurarli.

Come si struttura il mercato in cui operate?

Il mercato principale in cui operiamo e’ quello delle immersioni. Ci stiamo aprendo pero’ moltissimo al segmento pesca sportiva. Anche la sezione Swimming (cuffie,occhialini e via dicendo) e’ piuttosto importante per noi. A livello di numeri non ci sono studi specifici in questo senso. Approssimativamente abbiamo stimato che il mercato della subacquea puo’ attestarsi intorno al miliardo di dollari.

Quindi qual’e’ il consumatore medio?

Stiamo parlando di un settore abbastanza professionale. In termini anagrafici la media di chi pratica questa attività è 40-50 anni. In America con una distribuzione 75% uomini e 25% donne. Il problema in questo caso è la mancanza di competizione. Non ci sono record o traguardi cronometrici da battere. Mancano inoltre tutta una serie di elementi di contesto quali festa e/o eventi di intrattenimento complementari come avviene in altri casi. Da questo punto di vista un settore a noi vicino e’ quello dello sci. Nel corso degli anni sono riusciti a creare un contesto che facilita la pratica di questa attività. L’utente medio scia di giorno e di sera fa festa. Nel nostro settore invece il subacqueo si immerge, prende un panino e poi ritorna a casa.

Quali sono le tendenze in atto in questo settore?

Come ho detto prima il segmento pesca sportiva sta crescendo velocemente. Questa pratica sopperisce alle negatività della subacquea. Il target è sicuramente più giovanile e la competizione connessa con questo sport potrebbe sicuramente creare una spinta aggiuntiva. Chiaramente stiamo parlando di un mercato ancora relativamente piccolo comparato con quello della subacquea.

Focalizzandoci sui prodotti, cosa fa la differenza per il consumatore?

Brand, design e qualità costruttiva giocano chiaramente un ruolo importante. Da questo punto punto di vista poter vantare una tradizione Made in Italy gioca la sua importanza. Come Seac siamoparticolarmente attenti alla qualita’ localizzando una parte della produzione anche all’estero. La ragione e’ stranamente duplice. All’estero ci sono si vantaggi di costo, ma allo stesso tempo per alcune categorie di prodotto, come per esempio le jackets in Cina, riusciamo a trovare qualita’ manifatturiere migliori che in Italia. 

L’innovazione è un ulteriore fattore critico di successo. In Seac lavoriamo molto per presentarci ogni anno con un catalogo di prodotti aggiornati. L’anno scorso abbiamo lanciato 38 nuove referenze. Trattasi di una scelta assolutamente inusuale per questo settore. Quest’anno ne lanceremo 21, la maggior parte dei quali per il mercato Americano. L’esperienza accumulata in questi ultimi anni ci ha infatti permesso di elaborare specifiche soluzioni per questo mercato. Per quanto riguarda la pesca sportiva ci siamo per esempio resi conto che il consumatore americano richiede prodotti con perfomance superiori. Abbiamo quindi proposto fucili più potenti, con aste più rigide, canne allungate e doppi/tripli elastici. Il pesce dell’Oceano non è come quello del nostro Mediterraneo.

Qual è l’ostacolo più grande che avete o state trovando?

Sicuramente rispetto ai nostri competitors soffriamo il fatto di essere poco conosciuti in questo continente. Alcuni dei nostri concorrenti piu’ diretti sono addirittura Americani oppure hanno aperto a questa area geografica molto prima di noi. Stiamo chiaramente lavorando per potenziare la nostra Brand Awarness anche nei confronti degli operatori e distributori. Partecipiamo a diverse fiere di prodotti sportivi tra cui la Dima.

Come prevede sarà il futuro?

Prevedo un futuro stabile a dispetto dei cali che questo mercato ha sostenuto negli ultimi 5 anni.Abbiamo infatti evidenziato una contrazione del mercato (generale ndr) del 15% base annua. Pesca sportiva e swimming promettono sicuramente bene. 

Cosa consiglia agli imprenditori che intendono entrare nel mercato degli Stati Uniti d’America?

È un mercato sicuramente dinamico ed interessante. Occorre familiarizzare con il fatto che ci sono specifiche regole che risultano ben diverse da quelle cui siamo abituati in Italia. Fondamentale risulta quindi un veloce adattamento al sistema diverso. Inoltre la ricerca della distribuzione puo’risultare poco agevole. La gestione dei rappresentanti è ben diversa da quanto avviene in Italia/Europa. La dispersione geografica impone inoltre un impegno costante ed intenso. In generale il sistema è snello e risulta ben più facile fare business qui che in Italia, dove il vero freno è la burocrazia. Bisogna però entrare nel mercato in maniera convinta e con le idee chiare sul piano strategico da perseguire. Le opportunità sono sicuramente ottime ma l’impegno e i rischi connessi possono essere anche importanti. Se l’idea e’ quella di andare in America allo sbaraglio con i risparmi di una vita allora direi... magari no.

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