In un contesto segnato da incertezze e tensioni commerciali, molte PMI italiane esitano a esplorare opportunità oltre fuori dal paese, temendo gli effetti dei dazi e le complessità del mercato estero. Tuttavia, secondo Alessandro Colnago di ExportUSA, il mercato statunitense offre ancora oggi grandi possibilità per chi lo approccia nel modo corretto. Intervistato da Class CNBC, Colnago descrive con chiarezza gli step operativi e strategici per avviare un’attività commerciale negli USA, sottolineando quanto sia centrale una comunicazione efficace e una presenza strutturata sul territorio. Un quadro pratico per imprenditori decisi a guardare oltre oceano.
Il contesto economico globale è incerto, ma per chi sa leggere i segnali giusti, il mercato statunitense resta uno dei più promettenti al mondo. Con una popolazione di oltre 350 milioni di persone, 290 milioni di consumatori attivi e un PIL da 28 mila miliardi di dollari, gli Stati Uniti rappresentano un bacino di opportunità eccezionale per le imprese italiane. È questo il messaggio di fondo emerso dall’intervista rilasciata da Alessandro Colnago di ExportUSA alla trasmissione Growth Italia di Class CNBC condotta da Emerick De Narda.
“L’azienda italiana che vuole competere in America – spiega Colnago – deve mettersi in discussione e adattare il proprio approccio. Il mercato americano non è fatto solo di operatori locali, ma di competitor internazionali.
La domanda che si pongono molte PMI è: vale la pena investire oggi negli USA? Secondo Colnago, la risposta è sì, a patto di affrontare il mercato con un approccio strutturato. È necessario studiare la concorrenza, conoscere la filiera distributiva e agire da "azienda americana", pur mantenendo identità italiana.
Uno degli aspetti più sottovalutati, ma centrali, è proprio la forma giuridica: aprire una filiale statunitense consente vantaggi concreti, sia a livello fiscale che commerciale e reputazionale. Inoltre, costituire una società americana si può fare da remoto, senza neanche recarsi fisicamente sul posto.
Tra i principali errori delle imprese italiane vi è la scarsa attenzione alla conformità normativa del prodotto. “Ogni categoria merceologica è soggetta a regole specifiche negli Stati Uniti, spesso diverse da quelle europee”, avverte Colnago. Un check di compliance legale e tecnica è quindi indispensabile prima di qualunque azione commerciale.
A questo si aggiunge l’importanza della comunicazione, che deve essere “americanizzata”, adattata alle aspettative e ai codici linguistici del consumatore statunitense.
Il dibattito sui dazi spesso spaventa le aziende italiane, ma secondo Colnago non sono l'ostacolo principale. Le aziende più strutturate o ben consigliate sanno adottare strategie doganali e di importazione capaci di ridurre – e in alcuni casi azzerare – l’impatto dei dazi.
E soprattutto, chi decide di produrre o distribuire direttamente negli USA può accedere a una gamma di incentivi locali: sgravi fiscali, agevolazioni immobiliari, e contributi pubblici. “Negli Stati Uniti – afferma Colnago – oggi gli stati e le contee competono tra loro per attrarre investimenti produttivi.”
Secondo l’esperienza di ExportUSA, non conta tanto il settore merceologico quanto l'approccio giusto. Non esiste una nicchia migliore di un'altra, ma un’azienda che sa come presentarsi ha maggiori probabilità di affermarsi. “Il made in Italy è un ottimo punto di partenza, ma non basta. Serve una proposta commerciale solida, un prezzo ben costruito e una presenza credibile.”
Anche la dimensione aziendale non è un ostacolo: “Abbiamo aiutato PMI con capitalizzazioni da 10 milioni come pure aziende da oltre 100 milioni. Il fattore critico è la volontà dell’imprenditore di rimettersi in gioco, adattandosi al mercato americano.”
Quanto alla logistica, non emergono criticità rilevanti: i problemi che avevano afflitto il trasporto durante la pandemia non si ripresentano oggi, e i costi sono rientrati nella norma. Naturalmente, per le consegne interne negli Stati Uniti è fondamentale analizzare con attenzione l’impatto dell’ “ultimo miglio”, in base allo stato scelto.
Chi cerca un successo stabile sul mercato americano deve entrare con una visione di lungo periodo. Non basta “provare una fiera” o esportare saltuariamente: è necessaria una struttura, un piano e una comunicazione adeguata. In cambio, le opportunità sono reali e accessibili.
“Se l’azienda italiana si presenta con gli strumenti giusti la crescita negli USA è quasi inevitabile. Nonostante la concorrenza e i rischi, il valore aggiunto che possiamo offrire è ancora oggi molto apprezzato.”
Questa è la trascrizione dell'intervento di Alessandro Colnago, di ExportUSA, alla trasmissione Growth Italia di Class CNBC, condotta da Emerick De Narda,il 27 giugno 2025.
Emerick De Narda
Quest'oggi, a Growth Italia parliamo di un tema molto attuale e per fare questo presento il nostro ospite.
Abbiamo il piacere di avere con noi in collegamento dagli Stati Uniti Alessandro Colnago di ExportUSA.
Allora, facciamo questo piccolo incipit Colnago: la "De Narda spa", nome di fantasia, è un'azienda controcorrente e quindi in un periodo dove si discute così tanto di dazi e dove si ha paura di quello
che potrà essere il futuro, la De Narda spa dice che vuole esportare in USA.
Però chiaramente noi non siamo dei kamikaze e quindi ci affidiamo a una società di consulenza, ExportUSA, perciò Colnago, anzitutto la prima domanda, facciamo bene a guardare proprio in questo momento alla possibilità di esportare i nostri prodotti negli Stati Uniti d'America o forse è meglio aspettare?
Alessandro Colnago
Sono domande assolutamente legittime, la De Narda spa prima di tutto condivide il nostro sentimento direi moderatamente, realisticamente bullish sul mercato americano, anche in questo periodo in cui c'è una lieve incertezza sulla situazione geopolitica, ma per affrontarlo e per crescere con successo sul mercato deve in un certo senso rimettersi in gioco e deve prima di tutto capire che il mercato americano non è solo un mercato di operatori americani ma internazionali, quindi per competere e per avere successo sul mercato USA deve prima di tutto rivalutare il proprio prodotto e soprattutto il proprio servizio e comunicazione che qui negli Stati Uniti sono fondamentali.
Emerick De Narda
Popolazione degli Stati Uniti 355 milioni, consumatori attivi sono 290 milioni, un PIL di 28 mila miliardi - in Italia siamo a 2400 - il 68% del PIL da consumo personale di beni durevoli e non durevoli e servizi.
Questi sono poi i key points del mercato americano, Colnago?
Alessandro Colnago
Sì esatto, sono alcuni dati che abbiamo tracciato dal nostro osservatorio e che teniamo sempre sotto mano per dare un'idea di quanto sia importante sia a livello strategico che a livello economico il mercato americano per le aziende italiane di ogni dimensione che vogliono affrontarlo.
Vi porto l'esperienza di più di 15 anni di lavoro da New York nell'aiutare costantemente le aziende di ogni taglia a entrare e a crescere e devo dirvi che in questo momento tanti imprenditori italiani non si sono fatti spaventare né intimidire dai dazi, anzi hanno capito come affrontare la strategia.
Emerick De Narda
Ma quali sono i passi da compiere, Colnago? La famosa De Narda spa, dell'esempio che stiamo facendo, vuole rilanciarsi sul mercato USA però non sa come muoversi, quindi quali sono i passi che devo affrontare, che una spa, una srl italiana deve fare per cominciare ad approcciarsi all'export in USA?
Alessandro Colnago
Prima di tutto studiare la concorrenza e studiare la catena distributiva negli Stati Uniti ed entrare nell'ordine delle idee che l'americano va servito da americani, quindi l'anima della società italiana rimane italiana ma formalmente bisogna presentarsi sul mercato come un'entità americana e bisogna anche sfruttare tutti quei vantaggi che offre avere una posizione formale qui, quindi una propria filiale, in termini di comunicazioni, in termini commerciali ma anche in termini fiscali.
Emerick De Narda
Quindi devo aprire una sede, una sede operativa in America, effettiva, quali sono i passi concreti per farlo?
Alessandro Colnago
L'amministrazione della burocrazia in America è estremamente più facile rispetto che in Italia, quindi gestire una propria filiale anche dall'estero è una cosa che si fa tranquillamente, lo fanno migliaia di aziende italiane e imprenditori ogni giorno. Grazie a una presenza concreta sul territorio si possono vincere molte più commesse, si dà un segnale di fiducia verso la clientela americana e si struttura la propria presenza non per provarci ma per rimanere.
Emerick De Narda
Allora ho capito, occorre fare diciamo una survey, un'analisi di mercato per capire anzitutto se il mio prodotto può avere successo o meno, quali sono le aree geografiche dove si può spingere di più, spingere di meno, ma a livello di autorizzazioni? Anche detto in maniera molto spicciola, le tempistiche quali sono? Arrivo a New York o a Washington o Los Angeles o altra città americana, cosa devo fare? Dove devo andare per aprire la mia sede operativa?
Alessandro Colnago
Per aprire una sede operativa non c'è nemmeno bisogno di venire negli Stati Uniti, si può fare da remoto, la cosa importante è assicurarsi che il proprio prodotto sia a norma di legge americana quindi verificare che l'autorità che regola il proprio prodotto e la commercializzazione sia conforme alle regole del mercato americano, che spesso e volentieri sono diverse da quelle italiane e europee, quindi per prima cosa fare un check di compliance sul proprio prodotto.
La seconda cosa non meno importante è farlo a livello di comunicazione, quindi trasformare la propria comunicazione italiana e americanizzarla verso il mercato.
Emerick De Narda
Ma ora noi siamo controcorrente e vogliamo spingere quando gli altri arretrano, ma non siamo insomma dei kamikaze, sappiamo che c'è la questione dazi aperta, come può influire questa cosa su di noi, sulla nostra volontà di esportare? Cioè ci sono modi magari per aggirare la questione?
Alessandro Colnago
Sì, devo dirvi che il tema dei dazi non intimidisce le aziende italiane, quello che forse destabilizza è l'incertezza di questo momento, ma non è il numero in sé, il 10%, il 20%, il 50%.., perché in realtà esistono delle strategie di importazione verso gli Stati Uniti che permettono di minimizzare se non di annullare il dazio all'ingresso. Perché da un lato le aziende che vogliono esportare dall'Italia sono in grado di sfruttare queste strategie, dall'altro quelle che già sono sul mercato e magari hanno voglia di produrre direttamente hanno a disposizione tutta una serie di incentivi statali e federali che sono molto attraenti in questo momento.
Emerick De Narda
Attenzione qua, incentivi statali e federali per le società che vogliono portare il loro prodotto in America? Questa è una cosa interessante perché noi siamo oramai sommersi nel discorso dazi, dal fatto che sembra che in America non ci vogliano più, però, attenzione, mi sta dicendo tutto l'opposto, perché ci sono incentivi per andarci insomma.
Alessandro Colnago
Sì, esattamente, proprio un paio di settimane fa eravamo al grande summit di Washington per gli investimenti stranieri negli Stati Uniti, abbiamo dialogato con i rappresentanti dell'amministrazione Trump e tantissimi rappresentanti statali e posso dirvi che il clima era elettrizzante, perché in questo momento gli stati, le contee, quindi tutti i livelli dell'amministrazione stanno attraendo investimenti sul territorio e stanno elargendo degli incentivi molto importanti sotto forma di vario tipo. Per quali aziende? Per coloro che vogliono installare un impianto produttivo o distributivo localmente.
Emerick De Narda
Quindi insomma si può fare, la paura è solo paura, ma poi insomma per le aziende che hanno magari un po' più di coraggio le opportunità ci sono.
Alessandro Colnago
Assolutamente, è sempre stato così e oggi è ancora più vero, basta informarsi e capire quali sono gli strumenti a disposizione.
Emerick De Narda
Strumenti a disposizione che a livello burocratico mi pare di capire siano molto più flessibili ed efficienti.
E invece questione trasporti e logistica, ci sono criticità in USA per portare il mio prodotto, per venirlo direttamente a produrre lì in uno degli stati americani?
Alessandro Colnago
A livello di trasporti la situazione è abbastanza stabile, non ci sono stati degli scossoni a livello logistico come ai tempi del Covid, quindi l'impatto del trasporto e assicurazione è ancora molto gestibile e quindi anche avendo dei rincari a livello di dazi sono comunque assorbibili dalla catena di valore.
Per quanto riguarda i trasporti interni è come sempre indispensabile fare delle valutazioni per capire qual è l'impatto dell'ultimo miglio sul cliente finale.
Emerick De Narda
Colnago, qual è il tipo di produzione, il tipo d'azienda che l'America accoglie a braccia aperte? Cioè qual è il settore diciamo che ha più probabilità di successo in questo momento?
Alessandro Colnago
Quello che noi vediamo tutti i giorni è che non esiste il settore perfetto ma esiste l'azienda che comprende come vendere negli Stati Uniti e quindi indipendentemente dal settore trova un successo fisiologico e naturalmente nel corso di pochi anni il mercato americano diventa il suo primo mercato export.
Il made in Italy è sempre apprezzato, non basta più da solo per vendere e per vincere la concorrenza, ma è sicuramente un'ottima base di partenza.
Emerick De Narda
Che tipo di dimensione deve avere un'azienda? Stiamo parlando di fatturati, capitalizzazioni, io che ho una capitalizzazione di 10 milioni posso comunque esportare, o meglio capitalizzazioni più grandi da 100 o più milioni?
Alessandro Colnago
Noi aiutiamo piccole e medie imprese, imprenditori singoli e vediamo un successo diciamo generalizzato indipendentemente dalla dimensione, se dalla parte dell'imprenditore esiste però la volontà di rimettersi in gioco, quindi in un certo senso di ridiventare una start-up sul mercato americano e quindi tarare il proprio prodotto, la propria comunicazione per il cliente americano.
Emerick De Narda
La strategia di esportare in America per le società vostre clienti che vi hanno chiesto un aiuto come è stata? Di successo? Hanno tutti chi più chi meno portato a casa dei risultati?
Alessandro Colnago
Quello che sconsiglio è di provare a fare una fiera tanto per provarla perché spesso e volentieri i risultati non sono ottimali, ormai i clienti americani hanno un fiuto per le aziende che ci provano ma non hanno gli strumenti nè la consapevolezza per restare sul mercato e quindi bisogna in un certo senso preparare gli strumenti sia di comunicazione che quelli commerciali a livello di costruzione del prezzo e di messa a norma del prodotto per dare un segnale veramente forte. Se queste pedine sono sulla scacchiera la crescita è quasi garantita, fatemi usare questo termine, con tutto il rischio e la concorrenza che esiste ma la competitività, il valore aggiunto che portiamo noi italiani come come sistema azienda ma anche come creatività imprenditoriale qui è ancora molto molto apprezzato.
Emerick De Narda
Mi pare di capire che a livello comunicativo dobbiamo batterli sul loro stesso campo, sono degli specialisti nel marketing e vendita, noi ci dobbiamo adeguare e proporre le nostre società nella chiave giusta, non devi sbagliare la comunicazione mi pare di capire tra le righe del suo discorso, giusto?
Alessandro Colnago
Esatto, sì, gli americani insegnano a fare marketing insegnano a fare branding, noi forse insegniamo che cos'è la qualità del prodotto, l'attenzione ai dettagli e la manifattura di alto livello e quindi sono due mondi che devono incontrarsi. L'azienda italiana che vuole vendere negli Stati Uniti deve fare uno sforzo in più e adattare la propria comunicazione proprio per essere competitivi.
Emerick De Narda
Per avere le porte aperte del mercato americano e del consumatore americano si può anche fare questo sforzo, assolutamente.
Voleva aggiungere qualcosa per chiudere?
Alessandro Colnago
Sì, essendo il PIL fatto per il 68% dai consumi, senz'altro questo sforzo di adattamento paga e il gioco vale la candela.
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