Salgono i consumi e le vendite di latte vegetale in America: al mercato statunitense piace l’alternativo

Ma non chiamatelo “latte” vegetale. Niente più nomi in prestito dal mondo animale

La crescente popolarità delle tante alternative al latte tradizionale ha aperto un acceso dibattito sull’utilizzo del termine latte in America. Nel linguaggio corrente, infatti, le bevande a base di mandorla, cocco o avena non solo vengono comunemente chiamate latte, ma si stanno anche inserendo a tutti gli effetti come alimenti base del regime alimentare negli Stai Uniti.
 

 

 

La normativa FDA per il "latte vegetale"

Eppure la Food and Drug Administration (FDA) definisce il latte come "la secrezione di lattosio ... ottenuta dalla mungitura completa di una o più mucche sane", spingendo la Federazione Nazionale dei produttori di latte a lanciare una campagna, con il sostegno dei membri del Congresso degli Stati Uniti, per impedire ai marchi di alimenti di origine vegetale (latte, yogurt e formaggi) di etichettare i propri prodotti come latte. E così, nel 2017, viene fondato il Dairy Pride Act: movimento nato come protesta e con l’intento di richiedere alla FDA di far rispettare la “sua” definizione di latte, per salvaguardare i consumatori dall'uso erroneo della parola, in quanto inaccurato e fuorviante.

La principale preoccupazione dell'industria lattiero-caseariain America, in realtà, deriva dal boom di vendite dei marchi di latte vegetale in America, che stanno superando quelli del latte tradizionale. Nel reparto latte e latticini dei supermercati, infatti, le alternative al latte e le bevande senza derivati del latte, guadagnano sempre più spazio, provocando la riduzione delle vendite e dei consumi di latte tradizionale in America. 
 

Le vendite di "latte vegetale" negli Stati Uniti

Secondo un rapporto di RockvilleDairy and Dairy Alternative Beverage Trends - negli Stati Uniti dal 2000 al 2016, il consumo pro capite di bevande a base di latte è diminuito di circa il 22%. Inoltre, secondo le ultime ricerche di Nilsen - nota società di mercato basata a New York - il “tasso di crescita annuo composto” (CAGR) del latte negli ultimi quattro anni è sceso del 3,4%, mentre quello dei sostituti del latte è aumentato del 7,7% nello stesso periodo, con latte di mandorla e latte di cocco in testa, con una crescita rispettiva del 14% e del 9,3%.

Se le prime alternative al latte tradizionale introdotte sul mercato americano, circa una decina di anni fa, erano quasi esclusivamente bevande a base di soia e di riso, oggi la crescente domanda avanzata dai consumatori (a prescindere dalle loro esigenze dietetiche) ha determinato lo spuntare di una gamma infinita di opzioni alternative, che ha fatto perdere quote di mercato anche al latte di soia e di riso. Le vendite di nuove forme di latte vegetale in America hanno segnato un CAGR del 90,6% negli ultimi quattro anni - secondo i dati di Nielsen -  mentre quello del latte di soia e del latte di riso è diminuito rispettivamente del 6,6% e del 12,1% nello stesso periodo, lasciando il posto a nuove varietà: dal latte di canapa, al latte di lino, fino al latte di piselli.

Questa esplosione di sostituti a base vegetale nel reparto latte ha provocato la dura reazione dell'industria lattiero-casearia, nel sostenere da una parte l’uso improprio del termine "latte", e dall’altra il rischio di creare confusione al consumatore. È proprio partendo dal presupposto che i consumatori percepiscono i prodotti a base di latte vegetale come variazioni aromatizzate del latte vaccino, che il Bill Farm 2018 - dell'Assemblea Generale della North Carolina - ha disposto una normativa della etichettatura dei prodotti vegetali che vieta la loro commercializzazione con la parola latte. 

Dal canto loro i marchi a base vegetale stanno rispondendo che non è la confusione, quanto piuttosto  la maggior consapevolezza a guidare le scelte di acquisto del consumatore: "I latti vegetali, infatti, proclamano a gran voce di non contenere derivati del latte, perché i consumatori informati cercano attivamente di evitare i prodotti lattiero-caseari.

In attesa di una risposta a questo dibattito alcuni grandi brand americani hanno iniziato a etichettare le alternative al latte vaccino come "drink" o "bevande", invece di latte, mentre altri hanno puntato sull’informazione, volta a spiegare al consumatore la differenza tra latte vaccino e latte a base vegetale.

 

Negli Stati Uniti l’etichetta conta più del sapore: latte vegetale fortificato 

Un cambiamento epocale, quello messo in atto dai consumatori, che fuggono dai prodotti lattiero-caseari verso le alternative vegetali, guidati in gran parte dalle preoccupazioni salutistiche: gli alimenti vegetali, infatti, sono percepiti come più sani rispetto a quelli di origine animale. Inoltre, sempre secondo Nielsen, le bevande vegetali possono fungere anche da base per gli ingredienti funzionali. Stiamo parlando di bevande “fortificate”. Se il latte vegetale risulta carente di alcuni nutrienti rispetto al latte tradizionale, non è raro che la bevanda venga fortificata con l’aggiunta di micronutrienti essenziali come minerali e vitamine (aggiunta di calcio, vitamina D ecc.), e venga successivamente etichettata come prodotto " best-for-you ", ovvero che fa bene alla salute.


Nuovi modelli di consumo negli Stati Uniti

Al di là della controversia "latte tradizionale vs latte/bevanda vegetale", i consumatori statunitensi stanno diventano sempre più consapevoli del ruolo nutrizionale sulla loro salute e votano con i loro portafogli gli alimenti che ritengono più sani. Ecco perché i brand puntano sempre più sulle etichette nutrizionali: a basso indice glicemico, minor apporto calorico e senza additivi (ingredienti artificiali, conservanti e OGM), per attirare i consumatori attenti alla salute.

Negli Stati Uniti l’etichettatura, dunque, riveste un ruolo decisivo sui comportamenti d’acquisto, soprattutto nelle bevande senza derivati del latte. Nel 2017, Nielsen riferisce che in America il 33% dei consumatori ha dichiarato che “l’etichetta indicante l’assenza di ingredienti artificiali è importante per l'acquisto di latte vegetale”.

Altro fattore determinante nella scelta d’acquisto, in questo senso, è la tracciabilità degli ingredienti: la trasparenza nell’approvvigionamento e nella lavorazione delle materie prime, insieme alla qualità degli ingredienti utilizzati, diventerà sempre più richiesta dai consumatori di prodotti a base vegetale (soprattutto i programmi di progetti Non OGM, nel mercato del latte vegetale, diventeranno la norma in futuro in America). 

E per finire, la percezione di un prodotto non sostenibile può essere un ulteriore aspetto, oltre a quello del benessere animale, che motiva il passaggio alle bevande vegetali o più semplicemente alla riduzione dei consumi del latte e dei suoi derivati.

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