Tasse, Libertà, e l'Indipendenza degli Stati Uniti

La rivolta dei coloni americani contro la Corona britannica non fu una protesta contro aliquote fiscali onerose, come altre ribellioni fiscali nella storia. Questa rivolta fiscale fu degna di nota perché nacque dall'idea che la tassazione senza rappresentanza è tirannia!
 

Per i futuri americani fu una questione di libertà e non di tasse troppo alte

L'Ambasciatore Americano in Italia Tilman J. Fertitta e il Presidente di ExportUSA Lucio Miranda
L'Ambasciatore Americano in Italia Tilman J. Fertitta e il Presidente di ExportUSA Lucio Miranda

La Rivoluzione Americana fu il culmine di vari fattori: politiche sfavorevoli come il mercantilismo, cambiamenti culturali derivanti dal The First Great Awakening (1730-1740) e dagli ideali dell'Illuminismo, ed eventi cruciali tra cui il Massacro di Boston (1770) e molteplici rivolte fiscali.

È interessante notare, tuttavia, che quando i fondatori elencarono le loro ragioni per voler separarsi dalla Gran Bretagna nella Dichiarazione d'Indipendenza (1776), la parola "tasse" fu usata solo una volta.

Non fu infatti l'onere della tassazione a portare alla rivolta; le colonie, in realtà, pagavano tasse significativamente inferiori rispetto ad altri sudditi britannici. Piuttosto, fu l'idea che la Gran Bretagna potesse imporre liberamente tasse alle colonie senza il loro consenso, specialmente tasse arbitrarie e punitive.
 

Le Tasse che Portarono alla Rivoluzione Americana

Dal 1763 in poi, il Parlamento britannico approvò una serie di leggi, molte delle quali incentrate sulla revisione o l'introduzione di nuove tasse sulle colonie americane.

Lo Sugar Act (1764) si basava sul Molasses Act (1733) imponendo maggiori dazi su beni come caffè, zucchero e alcuni vini. In una dichiarazione che rispondeva alla legge e che catturò ampie critiche pubbliche, Samuel Adams scrisse: Se ci vengono imposte tasse in qualsiasi forma senza avere mai un rappresentante legale laddove esse sono create, non passiamo forse dalla condizione di sudditi liberi alla miserabile condizione di schiavi tributari?

L'anno successivo, il Parlamento inglese introdusse lo Stamp Act (1765), che sarebbe stata la prima tassa interna imposta direttamente sui coloni americani, consistente in una tassa su tutti i documenti legali ufficiali e le pubblicazioni, inclusa la carta bollata. Come lo Sugar Act prima, lo Stamp Act fu profondamente impopolare e sarebbe stato infine abrogato insieme all'adozione del Declaratory Act, che affermava il continuo diritto di tassazione della Gran Bretagna nelle colonie americane, anche se furono fatte concessioni con l'eliminazione dello Stamp Act. Prevedibilmente, questa non sarebbe stata l'ultima delle tasse britanniche.

E infatti altre leggi, come i Townshend Acts (1767) e il Tea Act (1773) sarebbero seguite di li a poco. Quest'ultima tassazione culminò negli eventi dell'infame Boston Tea Party, dove il 16 dicembre 1773, i coloni americani gettarono 342 casse di tè nel porto di Boston per protestare contro la legge, che abbassava i dazi sul tè ma affermava il monopolio legale della British East India Company e minava il fiorente commercio di contrabbando di Boston. Il Parlamento inglese rispose con l'emanazione dei punitivi Coercive Acts, conosciuti nelle colonie come Intolerable Acts, che, tra le altre cose, chiusero il porto di Boston, privarono il Massachusetts della sua autonomia e schermarono i funzionari britannici dai processi in Massachusetts, infiammando ulteriormente la situazione e convincendo i coloni che la Gran Bretagna li stava privando dei loro diritti.
 

Commemorare l'Impatto delle Tasse per commemorare la libertà

L'effetto cumulativo di queste leggi, e delle tasse che imponevano, rafforzò la crescente convinzione tra i coloni che la Gran Bretagna fosse corrotta e tirannica. Sebbene gli oneri fiscali stessi fossero leggeri e fossero in gran parte destinati a coprire i considerevoli costi dell'amministrazione e della difesa coloniale della Gran Bretagna (inclusa la lotta contro la Guerra Franco-Indiana), i coloni americani – a differenza dei loro compatrioti in Inghilterra – non avevano voce in capitolo attraverso rappresentanti eletti in Parlamento. Le tasse cosi imposte, per i coloni americani, era una violazione dei principi stessi di libertà e autogoverno che i coloni, nelle parole che Thomas Jefferson utilizzerà presto, erano arrivati a considerare come autoevidenti.

La sfiducia tra britannici e coloni aveva raggiunto un punto di ebollizione che presto sarebbe sfociato in un conflitto aperto, portando infine alla nascita di una nuova nazione: gli Stati Uniti d'America.

Le rivolte fiscali nella storia hanno avuto dimensioni e ragioni diverse, ma quella che in America si celebra il 4 Luglio, Giorno dell'Indipendenza, è degna di nota per la sua insistenza non solo su una tassazione leggera, ma, cosa più importante, sulla tassazione soggetta al consenso dei governati attraverso una forma di governo rappresentativa.

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