Il successo di un brand di moda italiano sul mercato americano: Bereshift

Il primo riscontro dall'America per le capsule Fall/Winter 2018 e Spring/Summer 2019 del brand italiano Bereshift

Dalla sfilata alla New York Fashion Week, ai buyer americani: il giovane talento si racconta

Intervista telefonica di ExportUSA con Susy Fuccillo - stilista e fondatrice del neo brand Bereshift - che non ha potuto presenziare alla sfilata primavera estate 2019 perché appena diventata mamma della piccola Cristina.

“Bereshift è un marchio giovane e grintoso, rappresenta il lusso confortevole, dalle linee morbide e curate che sorprendono perché mostrano creatività e classe: due caratteristiche del Made in Italy riconosciute a livello mondiale”. Dall’intervista di ExportUSA a Susy Fuccillo, al primo lancio del brand alla New York Fashion Week, dello scorso febbraio.  Nel link l’intera intervista

Fin dai suoi inizi, la New York Fashion Week è sempre stata considerata un incubatore dei giovani talenti della moda, permettendo agli stilisti emergenti di dividersi la scena con le griffe già affermate. E la scelta di Susy Fuccillo di esordire sulle passerelle di New York non è un caso. La stilista emergente, infatti, punta proprio al mercato americano per lanciare il suo brand di moda streetweare, o meglio casual funzionale.

Volto già noto al pubblico italiano per aver partecipato al talent show Amici di Maria de Filippi e per aver proseguito come danzatrice professionista nelle principali reti televisive italiane, Susy continua ad esprimere la sua creatività anche nella moda, con chiare influenze dal mondo active. Il design contemporaneo, infatti, mescola sapientemente silhouette aderenti a linee fluide dove il look è informale, ma lussuoso. Una sfilata audace e sofisticata allo stesso tempo, quella che ha calcato la passerella della moda newyorkese, in grado di esprimere appieno la contemporaneità del brand.

Susy sceglie  il mercato statunitense come interprete di uno stile, quello sporty-chic, che fa già tendenza in America

9 americani su 10 indossano athletic wear per attività diverse dallo sport. E si prevede un trend di crescita inarrestabile fino al 2022

Lo stile del brand è in grado di unire l’eleganza al comfort, un’estetica perfettamente in linea con un trend molto in voga in America: l’athleisure. Stiamo parlando di un abbigliamento casual sportivo da usare in casa, in ufficio o nel weekend, così diffuso negli Stati Unti da influenzare anche marchi non sportivi. “Un sistema di valori capace di comunicare quanto salute e benessere, oggi, vadano di pari passo con la moda”, come ha dichiarato Vanessa Friedman, celebre critica di moda del New York Times.  Secondo Friedman il capo alla base dell’athleisure sono i leggings e tutta quella serie di tute ricercate (oltre all’abbigliamento sportivo in generale), nate dalla tendenza sempre più frequente delle donne a indossare i capi aderenti utilizzati nelle attività sportive anche fuori dalla palestra.

Nella seconda sfilata, avvenuta nella splendida cornice del Museum of the City of New York, hai portato in scena la collezione capsule primavera-estate 2018. Puoi già raccontarci qualcosa, invece, sui risultati del primo lancio: la capsule fall/winter 2018?

Innanzitutto, la capsule invernale già distribuita nei negozi è continuativa. Ciò significa che continuerà ad essere proposta parallelamente alla nuova capsule estiva appena uscita. Le linee nuove vengono prodotte e distribuite per un anno. I buyer presenti alla sfilata di un esordiente devono capire innanzitutto qual èil prodotto più vendibile e io ho ricevuto un ottimo riscontro in questo senso. Le mie creazioni sono piaciute anche perché molto vendibili. È risultata una collezione versatile, con gli stessi capi che si possono indossare sia di giorno con una scarpa comoda, sia di sera con un tacco.

I feedback ricevuti dai buyer ti hanno lasciato pienamente soddisfatta, senza alcun tipo di compromesso?

Sono molto soddisfatta soprattutto perché ho ricevuto un grande apprezzamento sulla qualità dei tessuti e delle finiture. I miei abiti sono forgiati dalla qualità dei tessuti e delle confezioni, perché il posizionamento di Bereshift è medio-alto e il prezzo corrisponde alla qualità di un capo destinato a durare più di una stagione e un paio di lavaggi.  E il fatto che questo valore sia stato riconosciuto è un segnale positivo, perché significa che la strada intrapresa è quella giusta. Poi è chiaro che all’inizio i buyer americani puntano a vendere e a piazzare il prodotto, e per entrare nei negozi la strategia è quella di spingere ciò che è più commerciale. L’obiettivo è farsi prima conoscere, e poi, una volta arrivati a un pubblico più ampio il problema del costo non si porrà più.

Un esempio pratico della modalità di selezione del buyer?

Il mio è un prodotto di fascia medio-alta, con una parte della collezione basic e una parte con creazioni più sofisticate (a prezzi più elevati), che potrei definire sporty chic, in cui il connubio tra moda e sport è più calcato e l’eleganza si impone anche grazie alla capacità di saper abbinare i capi tra loro. Quindi, per fare un esempio pratico, il buyer invece di comprare una tuta più ricercata del valore di 800$, ne compra una più sportiva, a 200$. La cosa positiva, però, è che non mi hanno dato alcun tipo di suggerimento sullo stile. Bereshift ha un’identità forte, di carattere, come la donna che voglio rappresentare.

Quanti pezzi in media i buyer ordinano al primo ordine e quanti buyer hanno già comprato?

In generale il buyer di oggi è molto concreto e valuta quattro fattori chiave: il brand, lo stile, la qualità e come dicevo il prezzo. Gli ordini medi vanno dai 4 ai 20 pezzi a modello (dipende anche dalla disponibilità di colori). Bereshift è stato acquistato da 3 buyer, ma chiaramente è solo l’inizio.

Se dovessi farmi un esempio comprensibile a un italiano, dove comprerebbe la tua donna a New York?

Per intenderci, stiamo parlando di un “department store” come Sacks Fifth.

Quanto sono importanti aspetti come la delivery, la possibilità di riordini, ecc?

Sono assolutamente fondamentali. Il retailer americano non accetta compromessi in questo senso. O si è in grado di consegnare quanto concordato o si è fuori per sempre.

Come sono i termini di pagamento in America?

Ad oggi i termini di pagamento sono molto chiari: un 30% in anticipo e un 70% alla consegna o tramite lettera di credito.

Come si fidelizza un buyer in un mercato così competitivo come quello degli Stati Uniti? 

Con la serietà, la puntualità, la correttezza, ma anche la flessibilità se occorre. È fondamentale dire sempre lo stato delle cose effettivo e spesso riservare esclusività di area.

Le taglie e la vestibilità sono un punto di criticità per un marchio europeo che vuole vendere in America?

Non necessariamente. Di solito è un problema che riguarda solo le collezioni europee pensate prettamente per una donna longilinea, che coprono taglie dalla XXS alla M e non oltre. E anche in questo senso la mentalità americana è in linea con il messaggio che voglio lanciare con Bereshift. 

Dalla precedente intervista: “…Avere tutte le taglie è un messaggio molto importante, per me che sono cresciuta nel mondo dello spettacolo e conosco le dinamiche che si nascondono dietro il mondo della danza e della moda. La donna non può e non deve ammalarsi per diventare una modella o una ballerina classica, perché essere magre è l’unico canone possibile per lavorare. Essere in forma vuol dire nutrirsi bene, altrimenti non si hanno nemmeno le forze per poter affrontare un lavoro…”.

Come è stata accolta la collezione primavera estate appena uscita?

La seconda capsule ha suscitato ancora più interesse della prima. Bereshift sta per entrare in due store tra i più importanti sulla scena moda americana, il che è un'ulteriore conferma di essere sulla strada giusta. Sono davvero felicissima.

Il supporto promozionale nel fashion system americano come funziona?

La campagna promozionale supporta l’intero anno di vendita e distribuzione commerciale. Internet rimane il mezzo di comunicazione primario. Vestire le fashion blogger seguite dal pubblico di riferimento è un esempio. Per la collezione S/S invece di una testimonial, infatti, abbiamo optato per una influencer molto conosciuta sul panorama americano, che era presente alla sfilata, seduta nel front row. Ma in futuro punto a vestire gli artisti. Venendo dalla danza, amo il mondo dell’arte in generale: cantanti, ballerini, attori. Mi piacerebbe vestire soprattutto le ballerine dei cantanti famosi perché rispecchiano il mio brand. In questo senso mi sto muovendo parallelamente anche in Italia e grazie ai miei contatti nello show biz quest’anno vestirò 3 cantanti. Hanno capito il mio lavoro e non dubito che fra qualche anno mi vedrete anche in Italia. 

Se dovessi vestire invece una influencer italiana su chi punteresti per lanciare il tuo brand in Italia?

Se dovessi scegliere se vestire una fashion blogger italiana sicuramente vorrei Chiara Ferragni. È stata un’esordiente come me, si è costruita tutto da sola. Al di là che ci vuole fortuna, è anche vero che senza talento non si arriva da nessuna parte. Se un giorno dovessi scegliere una influencer italiana ambirei alla migliore.

A livello di investimento commerciale quando conti di rientrare nei costi?

Per un esordiente alla prima capsule è normale non aspettarsi un ritorno completo. Però credo di rientrare in una statistica ideale. Il mercato sta rispondendo molto bene e conto di rientrare del mio investimento tra 2/3 anni. Ci vuole pazienza, ma se hai le idee chiare su ciò che vuoi comunicare e ciò che vuoi ottenere i risultati nel tempo arrivano.

Consigli per giovani stilisti o a brand di moda nuovi al mercato americano?

Consiglierei di puntare su professionisti che conoscono questo mercato e su showroom che abbiano molti contatti per poter distribuire il prodotto; o agenzie che abbiano strategie di immagine, marketing e PR rilevanti. Il mercato della moda è molto competitivo e investire sulla giusta comunicazione per farsi conoscere è fondamentale all’inizio. La produzione che mi segue realizza le campagne fotografiche che escono su riviste importanti, da Vogue a Bazar, e ora ha piazzato il mio brand su alcuni di questi magazine. Tra poco uscirà un fashion editorial con alcuni dei miei capi su una rivista cult, di cui non posso ancora rivelare il nome. Non vedo l’ora!

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