
ECONOMIA USA
Commercio USA <=> EU
IVA e Sales Tax nel negoziato commerciale tra Stati Uniti e Europa
Aggiornamento del 05 Luglio 2025
Le aziende americane hanno accumulato profitti ad un tasso ben più alto dell'inflazione nel periodo 2020-2025 e hanno quindi le risorse finanziarie per assorbire in tutto o in parte l'aumento dei dazi americani senza aumentare quindi i prezzi di vendita al consumatore finale.
Al momento non vi sono segnali che l'aumento dei dazi USA sia stato trasferito con successo sui prezzi ai consumatori finali: l’inflazione dei prezzi al consumo per i beni durevoli in America – uno dei principali bersagli dei dazi – è risultata pari a 0% su base mensile a maggio, secondo l’indice PCE pubblicato la scorsa settimana, nonostante i prezzi dei beni durevoli abbiano mostrato un trend crescente da oltre un anno.
Le imprese americane dispongono di margini ampi per assorbire l’impatto dei dazi: i profitti delle società non finanziarie – ossia le imprese più coinvolte nelle importazioni – hanno raggiunto quasi 2400 miliardi di dollari nel primo trimestre 2025, registrando un incremento dell'80% rispetto al primo trimestre del 2020. Questa esplosione dei profitti delle società americane è stata resa possibile dal potere di determinazione dei prezzi acquisito dalle aziende in un contesto in cui i consumatori disponevano di ampia liquidità grazie ai contributi federali per il COVID. Ma l’epoca di denaro facile è terminata e, al ritmo attuale, i dazi inciderebbero solo marginalmente sui profitti aggregati, anche se potrebbero colpire in modo più significativo alcune aziende americane specifiche. Ad esempio, GM, che importa automobili da Messico, Cina, Corea e Canada, e molti componenti per l’assemblaggio domestico, ha affermato di non avere margini per aumentare i prezzi senza compromettere le vendite, e prevede una perdita di 5 miliardi di dollari nei profitti del 2025 a causa dei dazi.
[dati in mln/usd; Variazioni su trimestre precedente]
Trimestre | Profitti | Variaz. |
---|---|---|
Q1-2020 | 300 | 0.00% |
Q2-2020 | 280 | -6.67% |
Q3-2020 | 320 | 14.29% |
Q4-2020 | 340 | 6.25% |
Q1-2021 | 360 | 5.88% |
Q2-2021 | 380 | 5.56% |
Q3-2021 | 400 | 5.26% |
Q4-2021 | 420 | 5.00% |
Q1-2022 | 440 | 4.76% |
Q2-2022 | 460 | 4.55% |
Q3-2022 | 480 | 4.35% |
Q4-2022 | 490 | 2.08% |
Q1-2023 | 495 | 1.02% |
Q2-2023 | 500 | 1.01% |
Q3-2023 | 510 | 2.00% |
Q4-2023 | 520 | 1.96% |
Q1-2024 | 500 | -3.85% |
Q2-2024 | 520 | 4.00% |
Q3-2024 | 540 | 3.85% |
Q4-2024 | 560 | 3.70% |
Q1-2025 | 580 | 3.57% |
[dati in mln/usd; Variazioni su trimestre precedente
Trimestre | Profitti | Variaz. |
---|---|---|
Q1-2020 | 1500 | 0.00% |
Q2-2020 | 1320 | -12.00% |
Q3-2020 | 1680 | 27.27% |
Q4-2020 | 1860 | 10.71% |
Q1-2021 | 1940 | 4.30% |
Q2-2021 | 2020 | 4.12% |
Q3-2021 | 2100 | 3.96% |
Q4-2021 | 2180 | 3.81% |
Q1-2022 | 2210 | 1.38% |
Q2-2022 | 2240 | 1.36% |
Q3-2022 | 2270 | 1.34% |
Q4-2022 | 2290 | 0.88% |
Q1-2023 | 2295 | 0.22% |
Q2-2023 | 2320 | 1.09% |
Q3-2023 | 2340 | 0.86% |
Q4-2023 | 2360 | 0.85% |
Q1-2024 | 2300 | -2.54% |
Q2-2024 | 2330 | 1.30% |
Q3-2024 | 2360 | 1.29% |
Q4-2024 | 2390 | 1.27% |
Q1-2025 | 2400 | 0.42% |
L'inflazione totale negli Stati Uniti nel periodo 2020-2024, calcolata sulla base dei dati medi annui dell'Indice dei Prezzi al Consumo (CPI), è stata pari a circa il 14,2% secondo quanto riportato dalla Federal Reserve Bank di Minneapolis. Tale valore riflette la variazione cumulativa del CPI nel corso del quinquennio.
Questa l'inflazione annua negli Stati Uniti per anno:
Questi dati evidenziano un marcato picco inflazionistico nel biennio 2021–2022, seguito da un progressivo rallentamento dei tassi di inflazione nei due anni successivi, in linea con le politiche monetarie restrittive adottate dalla Federal Reserve.
Per contro, nello stesso periodo, i profitti delle società americane [escluso quelle del settore tecnologico] sono saliti di circa l'80%
Aggiornamento del 24 Marzo 2025
In realtà, poi, sappiamo che le cose sono andate molto diversamente di quello che si prevedeva. Questa era l'analisi che avevamo pubblicato prima dell'annuncio dei cosiddetti "dazi reciproci" del 2 Aprile 2025
Un sistema di dazi reciproci tra America e Europa comporterebbe un aumento dei dazi tra il 2% ed il 4% nella maggior parte dei casi.
Il calo dell'export italiano negli USA, a secondo del tipo di prodotto, dovrebbe essere compreso tra l'1% ed il 6%
Nell'ipotesi del passaggio ad un regime di dazi reciproci tra Europa e Stati Uniti, la contrazione dell'export italiano negli USA sarebbe funzione:
A sua volta, l'elasticità della domanda al prezzo è funzione:
Ci viene chiesto spesso di stimare la variazione della domanda dei prodotti di importazione italiana nel caso di un aumento dei dazi USA. A tale scopo ExportUSA ha elaborato un modello teorico per approssimare l'impatto sull'export italiano in funzione dell'aumento dei dazi USA. Il modello presuppone:
Prendiamo ad esempio il caso del formaggio Pecorino e applichiamo le variabili previste dal modello per stimare gli effetti sulla domanda del mercato americano nel caso del passaggio ad un regime di dazi reciproci tra EU ed USA
Le classificazioni doganali applicate dalla dogana americana all'importazione di formaggio pecorino sono tre:
La classificazione applicate dalle dogane dei paesi aderenti all'Unione Europea è la seguente:
Ipotizzando un prezzo in fattura import di eu15 al chilo, avremmo quindi un ipotetico dazio di importazione ad valorem in Europa sarebbe pari al 12.5% [eu188/eu1500 x 100]
Il differenziale tra i dazi import americani ed europei relativamente al formaggio Pecorino sarebbe quindi del 2.9% a favore delle importazioni in America. In questo contesto, e in un regime di dazi reciproci, le soluzione potrebbero essere due:
Nell'uno e nell'altro scenario la differenza tra il dazio di importazione applicato da Europa e America sarebbe comunque pari a zero. Per continuare nel nostro esempio, ipotizziamo che siano gli Stati Uniti ad aumentare il dazio del 2.9% e che questo comporti un aumento corrispondente del prezzo al dettaglio del Pecorino in America.
In questo scenario, di quanto calerebbero le vendite di Pecorino di importazione italiana sul mercato americano?
Gli effetti di una variazione del dazio import sulla domanda finale nel mercato americano di un bene importato dall'Italia possono essere stimati solo conoscendo il grado di elasticità della domanda al prezzo di quello specifico prodotto, il formaggio Pecorino appunto nel caso in esame.
Uno studio pubblicato dalla USDA - US Department of Agricolture nell'Aprile 2024 ha stimato, tra i vari tipi di elasticità, anche l'elasticità della domanda al prezzo di varie categorie di prodotti alimentari. Purtroppo lo studio si ferma alla categoria merceologica "formaggi" senza analizzare l'elasticità dei vari tipi di formaggio.
Secondo questo studio, l'elasticità della domanda di formaggio al prezzo varia da -0.77 a -1.18 Consideriamo l'ipotesi più sfavorevole, quindi una elasticità della domanda al prezzo di -1.18, e arrotondiamola per eccesso a -1.20 [In questa ipotesi, ad esempio, un aumento del prezzo del 10% determina un calo delle vendite del 12%]
Utilizzando i parametri calcolati in precedenza, un aumento del prezzo al dettaglio del formaggio Pecorino del 2.9% comporterebbe un calo delle vendite sul mercato americano pari al 3.48%:
Secondo uno studio di NOMISMA pubblicato il 12 Marzo 2025, basato su dati Eurostat, le esportazioni di formaggio Pecorino italiano in America nel 2024 sono state pari 150.8 milioni di euro. Di conseguenza, il calo delle vendite di Pecorino sul mercato americano a seguito di un aumento del dazio di importazione negli Stati Uniti del 2.9%, considerando un'elasticità della domanda al prezzo di -1.20, sarebbe pari a 5.24 milioni di euro.
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