FoodTech: Debutta sul mercato Americano l’olio da fermentazione microbica 

La Foodtech Californiana Zero Acre ha lanciato l’olio microbico sul mercato Americano

Condimenti a impatto zero: una foodTech reinventa l'olio da cucina in USA. Il nuovo condimento prodotto in laboratorio punta a diventare il nuovo condimento a tavola a impatto zero per sostituire o limitare l'uso di oli vegetali

Dimentica l'olio d'oliva. Questo nuovo olio da cucina è prodotto in laboratorio e richiede il 99% di acqua in meno impattando meno sull’ambiente. Gli oli vegetali convenzionali sono una delle principali cause di deforestazione. Il primo olio microbico da cucina di Zero Acre è invece prodotto da fermentazione microbica.

Si potrebbe dire che il mondo va a olio vegetale; dato che è il terzo alimento più consumato a livello globale, dopo riso e grano. L’olio vegetale è nel croissant nel latte d'avena a colazione, nel condimento per l'insalata, nello snack al bar della merenda e nel biscottino di mezzanotte. La nostra ossessione per questo alimento è così grande che utilizziamo più terra (dal 20% al 30% circa di tutto lo spazio agricolo mondiale) per le colture di olio vegetale, che per frutta, verdura, legumi e noci messe assieme. Con conseguenze devastanti in termini di deforestazione, perdita di biodiversità e cambiamento climatico. E se potessimo coltivare olio da cucina in laboratorio?

L'azienda Zero Acre Farms ha appena lanciato sul mercato Americano il suo olio microbico da cucina a 29,99 dollari USA

È quel che ha fatto la start up ‘Zero Acre’, con sede in California, che ha appena lanciato sul mercato USA un olio da cucina ottenuto dalla fermentazione. Ricco di grassi sani e povero di grassi saturi, il suo olio microbico viene prodotto utilizzando l'85% in meno di terra rispetto all'olio di canola (derivato dell’olio di colza), emette l'86% di CO2 in meno rispetto all'olio di soia e richiede 99% di acqua in meno rispetto all'olio d'oliva. A un prezzo di mercato di 29,99 dollari USA è decisamente più costoso del suo antagonista vegetale, ma sostituire anche solo il 5% degli oli vegetali utilizzati negli Stati Uniti con questo olio di nuova generazione, afferma la società Americana, significherebbe liberare 3,1 milioni di acri di terra all’anno.

Gli oli vegetali non solo sono dannosi per l'ambiente, ma sono anche riconducibili a malattie cardiache, obesità, cancro e altre patologie. Ecco perché Jeff Nobbs, co-fondatore e CEO di Zero Acre, ha cercato per anni una soluzione sostenibile per limitare l’utilizzo di oli vegetali nell’alimentazione, iniziando da un ristorante keto-friendly chiamato Kitava, a San Francisco; progettando poi un software di monitoraggio nutrizionale, è infine approdato all’olio da laboratorio. Così, ora la sua azienda Zero Acre produce olio da cucina dalla fermentazione di microbi, anzichè mietere raccolti.

L’olio vegetale convenzionale si ottiene schiacciando parti di una verdura o di un seme (come semi di girasole o olive) ed estraendone l'olio. L'olio coltivato, invece, è ottenuto dalla fermentazione. Ma facciamo un piccolo passo indietro. La fermentazione comporta una reazione chimica naturale tra due gruppi principali di ingredienti: i microrganismi e gli zuccheri naturali. I microrganismi includono microalghe, lieviti e diverse varietà di funghi e batteri; gli zuccheri naturali si trovano in una varietà di prodotti: dal grano al latte, all'uva. Per fare il vino, ad esempio, i produttori di vino aggiungono il lievito al succo d'uva. Il lievito quindi converte o fa fermentare gli zuccheri naturali dell'uva in etanolo in un processo di trasformazione che da vita al vino da tavola. Ma lo stesso processo di fermentazione si usa per fare tanti altri alimenti come pane, formaggio, yogurt, sottaceti e persino il cioccolato; solo che invece di produrre etanolo i microrganismi producono oli e grassi.

Quando si parla di olio da cucina, il processo è simile. Nobbs non ha rivelato quali specifici microorganismi ha selezionato per produrre l'olio coltivato di Zero Acre, ma afferma che l'azienda Americana lavora sia con lievito non OGM, che con microalghe. - ci concentriamo su microbi capaci di produrre naturalmente grassi sani, lievito e microalghe e sono molto bravi a farlo. - spiega Nobbs. Il processo inizia da una coltivazione composta da microrganismi per la produzione alimentare (lieviti o microalghe); gli si dà un ingrediente a base zuccherina (barbabietola e canna da zucchero), loro fermentano gli zuccheri naturali delle piante e nel giro di pochi giorni li restituiscono sotto forma di oli e grassi. (L'azienda Americana non li coltiva in casa, ma entrambi fanno parte della propria catena di approvvigionamento.) La miscela ottenuta viene quindi pressata e l'olio viene estratto, separato, filtrato per dar vita all'olio da cucina. Nobbs ne descrive il gusto come ‘leggermente burroso’, anche se ora lo si può gustare direttamente da sè versandolo in un cucchiaino.

Nobbs afferma che l'intero processo richiede meno di una settimana, rispetto all'olio di semi di soia (il più consumato negli Stati Uniti), che necessita di un periodo di sei mesi solo per la maturazione dei semi. Il ‘Cultured Oil’ della startup USA richiede anche il 90% di terra in meno da lavorare, rispetto all'olio di soia. L’azienda ha bisogno di terra solo per la coltivazione di canna da zucchero, anche se Nobbs punta ad utilizzare in futuro gli zuccheri già esistenti contenuti nei rifiuti alimentari come pannocchie di mais e bucce d'arancia, portando la quantità di terra necessaria quasi a zero, da cui il nome 'Zero Acre'. Questo è il prossimo obiettivo aziendale, se il mercato Americano risponderà bene. Secondo Kyria Boundy-Mills, microbiologa della University of California Davis, che ha studiato oli di lievito negli ultimi 10 anni, - gli oli microbici come quello che sta producendo Zero Acre vengono studiati da almeno 80 anni, per lo più per i biocarburanti, - afferma in una nota via e-mail.

Kyria ricorda una società di biotecnologie chiamata TerraVia (ex Solazyme), che prima ha sviluppato una tecnologia per produrre biodiesel dalle microalghe e poi ha cambiato strada e ha prodotto il primo olio di alghe culinarie. È persino entrato nella GDO Americana, e per la precisione da Walmart, che però ne ha interrotto la vendita pochi anni dopo.

Forse è un monito per Zero Acre, ma - la fermentazione è una tecnologia ormai matura, - aggiunge Kyria, osservando che lieviti e microalghe sono stati coltivati per decenni in fermentazioni commerciali su larga scala. La sfida per la commercializzazione negli USA (e a livello globale) resta il prezzo. - La fermentazione è molto più rapida dei tempi di coltivazione dei raccolti, ma il capitale e i costi operativi degli impianti di fermentazione sono molto, molto più elevati per acro rispetto ai terreni agricoli, - afferma Kyria. Zero Acre gestisce una struttura di ricerca a San Mateo (a 15 minuti da Menlo Park, sede di Facebook) e ha raccolto 37 milioni di dollari USA nel suo primo round di finanziamento.

Una bottiglia di olio microbico di Zero Acre non è certo economica, ma con l'aumento della domanda da parte dei consumatori Americani (e non solo), Nobbs spera che le economie di scala in futuro aiutino la startup USA a ridurre i costi. - Vogliamo dare creare un volano intorno al nostro prodotto, ma ci vorrà del tempo per sostituire 200 milioni di tonnellate di olio vegetale, - commenta. Nobbs sta tenendo d'occhio anche i grassi solidi, che potrebbero sostituire l'olio di palma e altri oli presenti nell'ingredientistica di molti alimenti, osservando - Vogliamo un sistema alimentare che si sviluppi intorno all'olio da fermentazione microbica, nello stesso modo in cui si è sviluppato attorno all'olio d'oliva.

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